Passa ai contenuti principali

POST IN EVIDENZA

IN ASCOLTO DEI FUTURI COLLEGHI: I CONTATTI FP CGIL INPS SUL TERRITORIO

DAL MODELLO SANITARIO AL MODELLO BIO PSICO SOCIALE: BREVE STORIA CONTEMPORANEA DEI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

Hello to you out there in Normal Land
You may not comprehend my tale or understand

Ian Dury, Spasticus Autisticus, 1981

L’articolo 16 del recentissimo Codice di Comportamento per i Dipendenti Inps, pubblicato con Hermes 004081 in data 11 novembre 2022, riporta, per la prima volta, la menzione delle particolari attenzioni da porre, ai fini della non discriminazione, verso * collegh* con disabilità. Sono citate due delle normative, la direttiva 78/2000 della Commissione Europea e la Convenzione ONU dei Diritti delle Persone con disabilità, che hanno definito come diritti umani fondamentali quelli delle persone con disabilità. L’inclusione nel Codice di Comportamento di tale evidenza conferma ancora una volta come l’Inps sia assolutamente all’avanguardia in questo campo.
Le politiche di supporto e tutela delle persone con disabilità, infatti, hanno sempre avuto in Italia una forte vocazione assistenzialistica; nel sentire comune, quindi, i concetti collegati ai diritti de* cittadin* con disabilità sono sempre di tipo economico o di sostegno da parte dei familiari.
Nell’ultimo trentennio, invece, partendo dai paesi anglosassoni si è diffusa una nuova concezione del rapporto tra esseri umani con disabilità e mondo circostante, che pone al primo posto l’autonomia vista come piena fruizione dei propri diritti. Pietra miliare in questo campo è l’Americans with Disabilities Act del 1990, in cui viene messo in discussione il concetto stesso di disabilità stabilito dall’OMS nel 1980.
L’ICIDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicap. A manual of classification relating to the consequences of disease ICIDH dell’OMS) con la rigida tripartizione menomazione – disabilità – handicap si era rivelata sempre più anacronistica, riducendo ad una pura questione sanitaria la complessa situazione di vita delle persone con disabilità; non prendeva inoltre in considerazione la possibilità trovarsi in maniera temporanea in uno stato di disequilibrio tra ambiente esterno e condizione di salute.
In un certo senso, se pur ottima sotto il profilo strettamente medico, l’ICIDH nasce già vecchia sotto quello sociale: già nel 1981, proclamato dalle Nazioni Unite anno delle persone con disabilità, il cantante britannico Ian Dury contestava l’ottica protettiva di questa iniziativa nella canzone “Spasticus autisticus”. Dury, che nel 1949 aveva contratto la poliomielite ed aveva una paresi del lato sinistro del corpo, rifiutava il cosiddetto patronising, in cui si iper proteggeva la persona con disabilità privandola, di fatto, di una volontà propria in un’ottica di semplice compassione. Dury pagò cara la sua richiesta di ascolto: la canzone non ottenne l’airplay né dalla BBC né dalle maggiori radio britanniche, terminando, di fatto, la carriera dell’artista.
La disabilità è sempre stata infatti uno dei grandi “Di questo non si parla” della cosiddetta società moderna: compatito, nascosto, protetto, il cittadino con disabilità ha sempre dovuto lottare per trovare un posto nella quotidianità.
Ancora nei primi anni ottanta, quindi, il sentire comune si cristallizzava in un modello sanitario e nell’iperprotezione o, peggio, nell’ipocrisia; solamente con l’ondata di lotte per i diritti umani della seconda metà del decennio la situazione comincia a cambiare, con il coinvolgimento della società, portando brevemente ad un modello sociale della disabilità.
Quando negli USA viene emanato l’Americans with Disabilities Act, quindi, ci troviamo davanti ad un vero punto di svolta: già dal nome del provvedimento ci si accorge che al centro c’è l’essere umano, e non la condizione connessa allo stato di salute. L’essere umano è al centro e la disabilità non è altro che una parte del suo rapporto con il mondo esterno, non la sua caratteristica principale.
La persona con disabilità viene quindi per la prima volta considerata, di fronte alla legge, come pienamente consapevole dei suoi diritti umani e sociali, riassumibili nello slogan “Niente su di noi senza di noi”.
La revisione della classificazione OMS della disabilità, quindi, non era più solamente opportuna, ma necessaria; a parte le questioni tecniche, anche l’opinione comune iniziava a percepire il concetto secondo cui la disabilità era data dal rapporto tra persona e ambiente, e non solamente dalle caratteristiche di salute intrinseche della persona. In Europa, il movimento arrivò prima nei paesi anglosassoni per poi diffondersi in tutto il continente. Nel 2001 l’OMS approva la nuova classificazione ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health), con due componenti (Funzionamento e Disabilità e Fattori Contestuali) a loro volta suddivisi in due (Funzioni e Strutture corporee e Attività e Partecipazione per il primo, Fattori Ambientali e Fattori Personali il secondo – i Fattori Personali non sono ancora attualmente classificati).
Nelle attività e partecipazione, giocano un ruolo fondamentale i concetti di Performance e Capacità: il primo descrive la difficoltà con cui viene realizzata un'attività tenendo in considerazione i fattori ambientali che influenzano tale svolgimento. Il secondo descrive la difficoltà con cui viene svolta un'attività in assenza di fattori ambientali specifici o adattati. Si capisce qui ancora meglio come la fruizione dei diritti umani da parte dell’essere umano con disabilità sia assolutamente influenzata dall’abbattimento delle barriere, materiali e immateriali, dell’ambiente e dell’organizzazione in si trovi.
Una piccola nota: l’Italia fu ammonita dal Consiglio dell’Unione Europea quando iniziò a produrre materiale informativo sul 2003 con la dizione “Anno europeo dei disabili” e non “Anno europeo delle persone con disabilità”, in quanto questo dimostrava come non avesse recepito il “cambio di rotta” nell’ottica della materia.
La piena fruizione dei diritti umani da parte degli esseri umani con disabilità, quindi, diviene un argomento preponderante ed è in questo nuovo punto di vista che va inquadrata la Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità del 2006 (Ratificata dall’Italia nel 2009 e dall’Unione Europea nel 2010). Lo scopo è quello di promuovere l’intrinseca dignità della persona con disabilità: non più diritto di assistenza, ma piena consapevolezza e fruizione dei diritti umani. Sono infatti in questa ottica i rilievi mossi dall’Unione Europea ad alcuni stati (recentissimo quello verso l’Italia sui caregivers, dopo quello rivoluzionario del 2013 sul mancato recepimento della direttiva 78/2000 a tutela de* lavorat* con disabilità). La performance dell’essere umano con disabilità è influenzata da come le sue capacità siano agevolate o meno da barriere culturali, organizzative e architettoniche; la mancata rimozione delle barriere rimuovibili costituisce quindi una lesione dei diritti fondamentali dell’individuo con disabilità.
Si capisce quindi come la vecchia ottica italiana, basata sull’assistenzialismo e sulla liquidazione di prestazioni per lo più di natura economica, stia, seppur lentamente, cambiando, anche a fronte di alcune vicende giudiziarie che hanno iniziato a portare all’attenzione pubblica il concetto di anti discriminazione. Nel mondo del lavoro ad esempio ha ormai un ruolo preponderante l’ “adattamento ragionevole”, ma questo è un argomento che, per la complessità e per le conseguenze che porta, ha bisogno di una trattazione a parte.
Chiudiamo quindi, per il momento, con una nota di costume: nel 2012 si sono svolte a Londra le Olimpiadi e le Paralimpiadi.
Durante la cerimonia di apertura di queste ultime, le note di “Spasticus Autisticus” sono state scelte per rappresentare l’empowerment delle persone con disabilità.
Ian Dury è morto il 27 marzo del 2000.

di Gloria Felicioli

 

 

 

 


SCRIVI AL NOSTRO BLOG:

Nome

Email *

Messaggio *