Simili modalità comunicative ebbero l’effetto di costruire
una narrazione utile a giustificare alcune delle normative più regressive per
il mondo del lavoro pubblico. Come ha già ricordato infatti la segretaria
nazionale della FP CGIL, Serena Sorrentino, in quegli anni Brunetta ha bloccato
la contrattazione, verticalizzato l’organizzazione del lavoro, limitato il
diritto alla formazione, favorito le esternalizzazioni ed il precariato e,
attraverso una indiscriminata decurtazione della retribuzione, ha anche
ridimensionato il diritto alla malattia dei dipendenti, oltre ad assecondare un
importante blocco del ricambio generazionale.
L’effetto perverso di simili politiche è sotto i nostri
occhi: le pubbliche amministrazioni italiane sono ancora oggi sotto-organico ed
i suoi dipendenti sono tra i meno numerosi ed i meno retribuiti di tutta
Europa. Secondo l’OCSE, infatti, in Italia abbiamo solo 55,71 lavoratori
pubblici ogni mille abitanti a fronte, ad esempio, dei 56,18 della Germania,
dei 77,73 del Regno Unito, dei 91,40 della Francia o dei 143,67 della Svezia.
Riguardo invece al costo del lavoro pubblico, secondo i dati Ameco della
Commissione europea, ai dipendenti delle pp. aa. italiane viene destinato solo
il 9,67% del Pil nazionale, a fronte del 10,13% medio di tutta l’Unione
europea; per avere un ordine di grandezza, basti pensare che in questa
classifica l’Italia si colloca in coda, ben 24esima tra 28 Paesi UE. In fondo,
è anche per queste ragioni che abbiamo scioperato, al grido di “Rinnoviamo la
Pubblica Amministrazione”, lo scorso 9 dicembre.
L’impronta che ha lasciato il ministro Brunetta con la sua
precedente esperienza a Palazzo Vidoni è dunque fatta di contratti non
rinnovati, riduzione del personale, precarietà e ridimensionamento dei diritti.
Questo non vuol dire soltanto che da allora i dipendenti pubblici hanno subìto
un importante arretramento nelle proprie condizioni di lavoro e nei propri
diritti. Rimuovere e ridurre diritti ad una categoria vuol dire colpire tutto
il mondo del lavoro perché, mattone dopo mattone, vengono a cadere le mura dei
diritti che i sindacati dei lavoratori hanno costruito in anni e anni di lotta
e di contrattazione. In altre parole, è come in un domino dove i diritti di
tutti i lavoratori possono cadere più facilmente uno dopo l’altro. Inoltre, il
mondo del lavoro paga due volte gli effetti di questo genere di politiche,
perchè pubbliche amministrazioni povere e sotto-organico rischiano di tradursi
più facilmente in servizi pubblici poveri e meno efficienti. Ad esempio, le prestazioni
che eroghiamo come INPS (e così come tanti altri servizi garantiti da altre
pubbliche amministrazioni) sono innanzitutto prestazioni ad altri lavoratori,
ex lavoratori, ai disoccupati e alle classi popolari.
È per queste ragioni che dobbiamo investire nella Pubblica
Amministrazione e nelle sue risorse umane. Il passato del Ministro Brunetta,
purtroppo, ci racconta invece di politiche reazionarie nei confronti dei
lavoratori. Un passato che, per il bene di tutto il mondo del lavoro, ci
auguriamo sia consegnato alla Storia. Quello che chiediamo è un cambiamento
radicale.
di Angelantonio Viscione