Appello a chi lavora nella Pubblica Amministrazione.
A marzo 2020 noi lavoratori dell’Inps siamo stati obbligati a cambiare le nostre modalità di lavoro poiché non era sicuro frequentare le sedi.
Attivata la deviazione di chiamata dal telefono dell’ufficio sul cellulare personale, sono stato raggiungibile in ogni momento dall’utenza. Nessuno mi ha chiesto di essere sempre reperibile, ho deciso di mia iniziativa di dare risposta ogni volta che ricevevo una chiamata, quando ciò era possibile . Questo ha aumentato in maniera esponenziale la possibilità di definire le pretese dell’Inps e quelle degli utenti; ho scoperto che la maggior parte delle persone trova più comodo chiamare fuori dal proprio orario di lavoro e quindi la quasi totalità delle chiamate avveniva nel pomeriggio/sera, cosa impossibile prima, quando lasciavo ufficio e telefono alle 15.12.
E’ bastato questo per operare una rivoluzione nel mio lavoro, oltre a tanti altri aspetti positivi che si sono aggiunti poi.
Sono sicuro che la maggior parte dei colleghi Inps ha vissuto questo periodo con la stessa consapevolezza e ritengo, pertanto, offensivo ogni riferimento generico ai privilegi goduti dai lavoratori della pubblica amministrazione durante la pandemia; anzi, una politica intelligente dovrebbe verificare attentamente se qualcosa è migliorata e cosa non ha funzionato, senza affermazioni grossolane e in malafede.
In mezzo alle terribili e per alcuni drammatiche vicende legate alla pandemia sono spuntate delle opportunità prima inimmaginabili.
Abbiamo imparato che si può lavorare senza essere costretti in spazi e tempi ristretti, che si può ampliare la propria disponibilità a favore degli utenti, migliorando le nostre condizioni lavorative, che si può evitare di subire ore passate per strada chiusi in auto, che si possono lasciare le città a chi non può o non vuole evitarle, che in città si può respirare meglio, che si possono disaggregare i luoghi di lavoro risparmiando risorse, che non è penalizzante vivere a 20 chilometri dalle città.
Che ci si può prendere cura di se stessi e degli altri senza che questo crei conflitto.
Che si può consumare meno petrolio per andare in giro inutilmente spesso su strade disastrate.
Che ci si può nutrire meglio passando più tempo nella propria casa che non per strada.
Che riposando quando si ha bisogno, poi si lavora meglio.
Che le persone che hanno bisogno di noi impiegati pubblici trovano favorevole cercarci fuori dai loro orari di lavoro.
Che sono quasi due anni che non si parla di polveri sottili nelle città.
Che gli spazi fuori dalle città prima in abbandono possono valere qualcosa.
Che si può lavorare in maniera serena e responsabile.
Che una diversa distribuzione dell’attività lavorativa, della mobilità di chi lavora e degli spazi dedicati al lavoro, può veramente essere sostenibile e ridurre l’impatto negativo sull’ambiente.
Se non fosse che
Bisogna tornare alla “normalità”
La nostra economia deve ricominciare a correre e, quindi, bisogna aumentare i consumi.
Che l’ottusità oggi si chiama resilienza .
Che la prepotenza e l’arroganza si chiamano transizione ecologica, allo stesso modo in cui un uragano si chiama Ida.
Che tante buone occasioni per migliorare le nostre condizioni di vita sono immolate sull’altare del cattivo business e della cattiva politica.
Credo non ci sia bisogno di appelli alla responsabilità: le persone responsabili sono sempre attive e consapevoli. C’è bisogno di un appello alla politica responsabile, che colga l’occasione per volare alto, per sognare di migliorare la vita di tutti. Basta poco.
Michele Di Monaco
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