Una rete per i cittadini, una rete per i lavoratori
Quando la pandemia si è
abbattuta sul paese, l’attenzione dell’opinione pubblica si è rivolta a noi.
Talk show e organi di informazione si chiedevano cosa avrebbe fatto lo Stato
per proteggere la cittadinanza: come avrebbe reagito la sanità a questo nemico
invisibile e come l’INPS avrebbe potuto sostenere i cittadini garantendo un
reddito a chi versava in difficoltà.
Non erano domande
banali. Per anni la Pubblica Amministrazione è stata concepita come un
salvadanaio cui attingere: una riserva naturale progressivamente svuotata
di significato, con un potenziale pericolo per la tenuta dei servizi. Lo
scoppio della crisi ha fatto emergere drammaticamente nodi e strozzature spesso
ignorati, per scelta o per miopia, presentando il conto agli italiani.
Mentre nel paese si
sgretolava la narrazione dei tagli forzati, ed emergeva un rinnovato senso di
comunità basato su messaggi di speranza, anche l’Istituto viveva una
rivoluzione in scala. L’INPS ha rivisto i propri processi, si è aperta al
lavoro agile, ha rimodulato l’offerta di consulenza. Gli investimenti
garantiti dal PNRR sono serviti a programmare nuove modalità di erogazione dei
servizi, il cui impatto sarà visibile soltanto nel medio periodo.
L’emergenza sanitaria possiamo considerarla, dunque, uno spartiacque culturale: ha mobilitato energie e intelligenze collettive per attivare un processo di rinnovamento, ma come abbiamo avuto modo di dire in questi anni, o il processo di rinnovamento viene guidato da una visione d’insieme, che renda ogni accorgimento funzionale alla missione che INPS assolve, o l’innovazione fine a sé stessa diventa sterile, un processo dall’alto privo di qualsiasi slancio. È questa la portata della sfida in atto.
In tale cornice,
l'azione sindacale – che quest’anno ha già affrontato congiunture cruciali,
basti pensare al contratto integrativo, alla definizione delle famiglie
professionali, alle progressioni verticali in deroga –deve oggi declinare due
compiti fondamentali: deve riuscire a intercettare questo moto di cambiamento, inquadrandolo
in una prospettiva che valorizzi il lavoro pubblico; e deve, soprattutto, porre
le basi per la costruzione di modelli che siano funzionali alle esigenze di chi
cura e segue i processi.
Fuori dagli schemi, il sindacato deve vivere nel presente e trovare un punto d’incontro tra un’Amministrazione efficiente per i cittadini e un sistema di regole che liberi le migliori energie presenti nella PA, ormai un hub del cambiamento economico.
Cosa vuol dire lavorare
nel pubblico? Vuol dire prendersi cura della comunità. Tagliare gli
investimenti nella PA, bloccare i rinnovi, non programmare le necessarie
assunzioni vuol dire, di contro, esporre il Paese a crisi, togliere tutele,
lasciare i cittadini più soli. Per questo, con passione, ci
prepariamo a tornare in piazza il 7 ottobre. Per questo, con entusiasmo, ci
impegniamo quotidianamente a ogni livello di contrattazione.
Chi in INPS sta in
cabina di comando deve allora avere chiara la dimensione dei problemi, anche
sul piano interno. Noi segnaliamo tre priorità:
1. Secondo lo studio compiuto
dalla CGIL in occasione della pubblicazione del Piano
straordinario per l'occupazione, entro il 2030 il personale in età
pensionabile in INPS ammonterà a circa 9.279 unità. La strutturale carenza
di organico già oggi colpisce tutti i profili professionali presenti in Istituto.
Funzionari, assistenti, professionisti, medici, profili tecnici: le dimensioni
della coperta sono ridotte da qualunque lato la si osservi e non è possibile
immaginare una costante propensione al sacrificio di ogni sede. In tal senso
sarebbe utile aprire una riflessione sul modello di misurazione delle
performance, per capire se è realistico o se rischia di scindersi dalla realtà,
valutando gli opportuni interventi di manutenzione. Un ragionamento, inoltre,
andrebbe fatto sulla valutazione individuale: al di là del giudizio critico
sullo strumento, la sua adozione basata sulla discrezionalità del dirigente è
un’offesa anche ai cultori della meritocrazia.
2. La tenuta dei servizi sul
territorio. Le assunzioni dell'ultimo quinquennio hanno mostrato una
difficoltà evidente nel reclutare risorse nel Nord del Paese. A Milano, a
Genova, a Venezia il lavoro pubblico non è meno attrattivo per vocazione: è
meno remunerato, perché l'incidenza del caro-affitti e il costo della vita
rappresentano un problema per chiunque voglia immaginare un trasferimento. Per
questa ragione chiediamo con forza investimenti economici per adeguare i
salari. Il lavoro agile ha disarticolato la prestazione, ma non può passare il
principio per cui a una rimodulazione degli orari corrisponde una contrazione
del potere d'acquisto. Penso, ad esempio, all'annoso tema dei buoni pasto,
ancora non riconosciuti, in sfregio anche alla rigidità di alcune fasce di
contattabilità che rappresentano un non-senso della nostra macchina
organizzativa.
3. La formazione. L'aggiornamento professionale è un dovere, ma anche un diritto delle lavoratrici e dei lavoratori. Molto è stato fatto negli ultimi anni, però il percorso da compiere per dare pieno significato a questo asset è ancora lungo e richiede investimenti costanti, anche in termini di progettualità: per superare la logica dei giochi “punta e clicca” e per affrontare davvero il gap di conoscenze presenti in INPS. L'Istituto deve operare per dare le stesse opportunità di crescita a tutti: questo vuol dire garantire interfacce funzionali per la lavorazione dei prodotti, ma anche istruzioni – normative e informatiche – per creare valore aggiunto. Perché chi conosce la materia dalla A alla Z avrà più facilità a individuare gli elementi di debolezza che possono emergere.
Tutto questo mi è
chiaro mentre assumo le redini di un'organizzazione di cui vado profondamente
orgoglioso. Nel ringraziare chi mi ha preceduto per lo straordinario lavoro
fatto, Antonella Trevisani e Matteo Ariano su tutti, non posso che dedicare
l’ultimo pensiero a tutti voi, che avete avuto la pazienza di arrivare fin qui.
L'impegno sindacale è il pilastro su cui poggiano le nostre rivendicazioni. Io,
lo scrivo con candore, sono innamorato dei delegati di sede: di chi
dedica anima e corpo ai colleghi, di chi si sbatte in lungo e largo per
risolvere problemi piccoli e grandi, costituendo non solo un riferimento per la
comunità INPS, ma un'antenna su disagi e difficoltà per l’organizzazione. Il
delegato mette la sua passione al servizio degli altri, nel solo tentativo di
orientare al meglio i cambiamenti. Per incidere nei processi il supporto di
ogni delegato di sede, di ogni militante, di ogni iscritto è fondamentale. Per
questo vi chiedo di avvicinarvi alla CGIL, di scoprire un mondo che va molto
oltre la convenzioni. Discutiamo con passione, mettiamoci in gioco, proponiamo
e sperimentiamo nuove vie: non esiste una strada facile per raggiungere un
traguardo, ma è solo con l'impegno quotidiano che si ottengono risultati. La
CGIL c’è: “per tutti, tutti i giorni”.
Giuseppe Lombardo
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