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IL CCNI 2020/2021 SPIEGATO AI LAVORATORI - PARTE II

Questo articolo rappresenta la seconda parte de "IL CCNI 2020/2021 SPIEGATO AI LAVORATORI - PARTE I"

E delle pagelline cosa mi dite? E’ vero, come scrivono altre sigle, che ora con questo CCNI che avete firmato sarò valutato individualmente?

Vediamo di fare chiarezza anche su questa balla che alcuni hanno messo in giro per creare panico tra i lavoratori. La valutazione individuale - per effetto del D. Lgs. 150/2009 - esiste in Inps da anni! Si tratta dei coefficienti di merito, di cui il coefficiente 1.2, riconosciuto “in caso di apporto altamente innovativo e/o migliorativo dei processi di lavoro”, è il più famoso, ma non è il solo. Cosa cambia, ora, con il CCNI 2020/21?

Anzitutto, abbiamo messo in salvo il TEP che, come sappiamo, per ben due CCNI consecutivi era stato messo in discussione dagli organi di controllo esterno. Questo risultato non era per nulla scontato, è bene ricordarlo! In secondo luogo, in aggiunta al TEP è stato inserito il TEPI (Trattamento Economico di Professionalità Individuale), che ha come compito quello di valutare il contributo individuale dato al raggiungimento degli obiettivi dell’Ufficio. Su questo punto, anzitutto, teniamo presente che l’importo stanziato per il totale dei dipendenti è di 6 milioni e mezzo di euro (ridotti dall’Amministrazione rispetto ai 9 inizialmente proposti, su insistenza nostra e delle altre sigle firmatarie). 

Vogliamo, però, provare a far capire in concreto di che si tratterà: nei mesi scorsi, ricorderete che, a seguito di un lungo confronto sindacale, è stato approvato il nuovo Sistema di Misurazione e Valutazione della Performance (SMVP). I punti fondamentali del nuovo SMVP dell’INPS sono questi: l’80% della valutazione dei lavoratori resta legato alla performance organizzativa, ossia i risultati della struttura organizzativa di appartenenza, mentre il 20% considera la performance individuale, intesa però come contributo che il singolo lavoratore da’ all’ufficio per il raggiungimento degli obiettivi. Il TEPI si calcola solo su questo 20% e su una base di 6 milioni di euro.

Siamo, quindi, riusciti a scongiurare il pericolo che il personale dell’Istituto venisse valutato anche in base ai propri comportamenti professionali e che da questo tipo di valutazione dipendesse il percepimento del salario accessorio.

Mi spiegate meglio cosa si prevede sui risparmi legati allo smart-working?”

La legge di stabilità per il 2021 aveva previsto che i risparmi del 2020, derivanti dalla mancata fruizione di buoni pasto e dal mancato ricorso al lavoro straordinario, sarebbero rientrati nella contrattazione integrativa. E’ bene precisare che sono solo queste le risorse che la legge mette a disposizione della contrattazione, non anche altre.

Il tavolo di contrattazione integrativa ha ritenuto di prevedere che il 65% di queste somme vadano –  a titolo di indennità una tantum – a tutti i lavoratori che sono stati in lavoro agile, mentre il restante 35% verrà corrisposto al personale, per il primo trimestre 2021, come maggiorazione dell’incentivo ordinario.

Naturalmente, queste sono misure eccezionali e temporanee. Resta fermo, invece, il nostro intento di ottenere un riconoscimento economico per le giornate di lavoro agile all’interno del prossimo CCNL, considerando i costi complessivi che si scaricano sul lavoratore e che costituiscono invece un importante risparmio per l’Amministrazione.

 Perché continuate a finanziare le posizioni organizzative con i soldi del Fondo e vi opponete a che sia l’Amministrazione a pagarle?

E’ molto semplice: perché è previsto dal CCNL da decenni e quindi non è una novità del CCNL 2016/2018. A questo proposito, vogliamo subito sgombrare il campo da alcuni equivoci messi in campo da altre sigle per buttare un po’ di fumo negli occhi dei lavoratori: l’attuale CCNL è stato firmato da tutte le sigle presenti al tavolo di contrattazione in INPS, ossia FP CGIL, CISL FP, UILPA, CONFSAL-UNSA, FLP, USB P.I., CONFINTESA FP. Alcune di loro vi diranno che hanno firmato il CCNL solo per poterlo meglio combattere, che la loro è una firma meramente tecnica, che la loro firma non è di adesione ai contenuti del CCNL: sono balle! Il CCNL o si firma o non si firma, non esiste – giuridicamente – altra possibilità. E’ un po’ come se si volesse firmare un contratto di acquisto di una casa, senza esserne convinti fino in fondo: una volta che lo hai firmato, il venditore chiederà il rispetto del contratto.

Ora, l’art. 77, comma 2, lett. f) dell’attuale CCNL, prevede che le risorse disponibili per la contrattazione integrativa siano destinate anche ai trattamenti economici riconosciuti ai titolari delle posizioni organizzative. E’ possibile che i futuri CCNL prevedano disposizioni diverse e, in tal caso, anche i contratti integrativi di Amministrazione si adegueranno. Peraltro, ricordiamo solo per inciso che, attualmente, per effetto di quella disposizione del CCNL si può contrattare quanti soldi spettino ai vari titolari di PO. Se i soldi fossero presi direttamente dal bilancio dell’Amministrazione, le organizzazioni sindacali non potrebbero più “metter becco” sull’intera materia.

"Quindi tutto va bene, per voi, in questo CCNI?”

Ovviamente, questo non è il CCNI della FP CGIL ma, come ogni contratto, è il frutto della mediazione tra diverse volontà. Riteniamo, comunque, sia un buon contratto, che dà risposte a diverse richieste dei lavoratori.

Una nota negativa riteniamo, però, sia presente nel CCNI e riguarda la contrattazione di sede. Il CCNL delle Funzioni Centrali prevede da tempo che questa debba essere rivitalizzata e che si debba riconoscere un ruolo di contrattazione alla RSU, lasciando che sia questa a decidere come destinare una quota del salario accessorio. Su questo punto, l’accordo siglato prevede che entro sei mesi dalla firma dell’accordo definitivo si dovrà stipulare un accordo quadro che dovrà individuare le linee e i criteri di destinazione di una quota del Fondo Risorse. Noi eravamo e restiamo convinti che, nell’ottica di una maggiore valorizzazione del ruolo delle RSU, il CCNI avrebbe potuto fare di più che rinviare a un ulteriore accordo, che si farà addirittura dopo sei mesi dalla firma del contratto definitivo. Questo significa che quasi certamente le RSU saranno chiamate a fare gli accordi di sede “a babbo morto”, ossia quando il 2021 si sarà chiuso e i margini per un qualsiasi intervento di contrattazione non ci saranno. Su questo, ci è spiaciuto dover constatare che siamo stati gli unici, al tavolo nazionale, ad aver chiesto una norma più incisiva. 

a cura di FP Cgil Inps

Leggi anche la prima parte: clicca qui

 


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