La storia della comunità dei Responsabili degli Uffici relazioni con il Pubblico in Inps è una storia particolare.
Sì, lo so,
ne esistono molte e sicuramente tutte degne di nota. Contabili, controller, avvocati,
infermieri, ecc. ecc. ma questa storia resta, secondo me, particolare per
diversi motivi.
Primo fra
tutti vi è il fatto che si tratta di un ruolo che va oltre l’Inps, un ruolo che
viene descritto e regolamentato ventuno anni fa, dalla legge 7 giugno 2000
n.150.
Si tratta di
una legge “quadro” per la comunicazione nelle pubbliche amministrazioni che
individua figure, ruoli e compiti da svolgere all’interno delle organizzazioni
pubbliche obbligandole a istituire gli Urp e a rispettare una serie di paletti.
Istituisce infatti con il suo regolamento attuativo, il DPR 422 del 2001, l’obbligo
di assegnare questa funzione solo a personale specializzato.
In sostanza
non puoi fare il responsabile Urp in Inps (e neanche nelle altre Amministrazioni
pubbliche sia chiaro) se non possiedi una Laurea in scienze della
comunicazione, in relazioni pubbliche o con un indirizzo assimilabile oppure puoi
anche possedere un altro tipo di laurea ma devi avere una specializzazione o
perfezionamento post-laurea in comunicazione o relazioni pubbliche e
materie assimilate oppure aver conseguito un master in comunicazione.
L’Inps, come
le altre Amministrazioni, ha recepito la legge e, seppur in ritardo, ha
istituito gli Uffici relazioni con il Pubblico ma ha spesso dimenticato di
assegnare personale a questi Uffici che di fatto, in molte Sedi, corrispondono alla
singola risorsa umana del Responsabile Urp.
Ecco quindi che a questo “One-man-office” giorno dopo giorno capita di tutto. Privo di istruzioni precise su come gestire il proprio lavoro, se non quelle generiche snocciolate ogni lustro da una tirata Direzione Organizzazione, gli capita di gestire una comunicazione allo sportello sulla quale non ha voce in capitolo, di gestire le situazioni critiche cercando di giustificare sistemi che spesso e volentieri non funzionano o di spiegare schermate destinate all’utenza che lui stesso non conosce. Un incubo.
Ecco quindi
che, tra una chiamata al 112 e un’aggressione più o meno fisica da parte di
utenti esasperati, va avanti e con spirito di dedizione e con un’indennità
aggiuntiva di poco più di 200 euro al mese si sobbarca il difficile ruolo di
fare da biglietto da visita di un Ente utente-centrico che, lo si ammetta, ha più
di un problema a gestire l’utenza quando gli si presenta davanti.
Questo ruolo
il responsabile Urp però lo svolge e lo fa nel migliore dei modi, facendo rete
su whatsapp, chiedendo consiglio ai colleghi, cercando in ogni modo insomma di
fornire risposte a chi giustamente le reclama.
E lo ha
fatto anche durante la pandemia, durante il lockdown, garantendo
telefonicamente il servizio, riuscendo a relazionarsi internamente con un
Istituto che era a casa a combattere col VPN per riuscire a lavorare.
Ora, col
reassessment e con i rinnovi degli incarichi dobbiamo assistere all’ennesima
beffa. In diverse sedi d’Italia molti responsabili Urp, per questioni spesso
legate all’ego di alcuni direttori, stanno vedendo i loro incarichi revocati o,
come comprensibilmente accade, stanno riconsegnando “il distintivo” perché
oramai stufi di ricoprire un ruolo in cui il proprio Ente non crede.
Ecco quindi
che carriere storiche con più di venti anni di attività sul campo stanno
scomparendo da un giorno all’altro lasciando dietro di loro un vuoto che
difficilmente l’Amministrazione riuscirà a colmare. E non si tratta di casi
isolati. In queste ore continuano a pervenire notizie di mancate riconferme di
responsabili Urp in Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e ci si domanda come riuscirà
a gestire questa situazione l’Inps atteso che un Responsabile Urp deve comunque
avere certi titoli e che non si può fare a meno di questo ruolo.
Certo le
nuove leve assunte in questi ultimi anni potranno aumentare il bacino di
professionalità da cui attingere ed è chiaro che all’Amministrazione potrebbe
anche convenire che siano loro a farlo visto che quando si è all’inizio della
carriera si tende a svolgere il proprio lavoro con maggiore flessibilità ma gli
interrogativi restano.
Il ruolo di
responsabile urp è un ruolo delicato e fondamentale e ad esso viene demandato
il controllo e la rilevazione di ciò che non funziona nella macchina
amministrativa per permettere alla stessa di ritarare i processi e di
correggerli. Che senso ha quindi rinunciare all’esperienza di chi ha svolto
questo ruolo per anni? Perché rinunciare alla possibilità di rendere veramente
questo istituto utente-centrico ascoltando chi gli utenti li frequenta da
sempre? Perché non istituire veramente gli Uffici relazioni con il pubblico in
Inps, assegnandogli personale e permettendogli di svolgere i compiti che la
legge ventuno anni fa gli aveva assegnato?
Solidarietà nell’immediato a chi assiste, in questi giorni, alla cancellazione della propria carriera lavorativa a causa di scelte personali e spesso immotivate della dirigenza e speranza invece che in futuro prevalga il buon senso e la volontà di capire che la comunicazione non è un processo che si improvvisa o che può svolgere chiunque. Ha bisogno di figure professionali specifiche e di scelte organizzative coerenti.
Il discorso potrebbe allargarsi a moltissimi altri aspetti che in Inps hanno visto la funzione “comunicazione” soccombere: lo spacchettamento in due direzioni distinte della comunicazione interna ed esterna, la scarsa attenzione alla “comunicazione come servizio pubblico” e la spasmodica attenzione a un certo tipo di comunicazione esterna che permette sì di far carriera ai vertici di questo Istituto ma non di renderlo realmente utente-centrico e così via ma oggi era importante parlare di colleghi, semplici colleghi, che fanno il loro lavoro a testa bassa e con senso del dovere, quelli degli Uffici Relazioni con il Pubblico dell’Inps.
Un Responsabile U.R.P. dell'Inps