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IL MODELLO RIACE: UN'UTOPIA DA REINVENTARE

 

Riace, piccolo paesino dell’entroterra calabrese, fino a qualche tempo fa era conosciuto solo come luogo di ritrovamento dei Bronzi ma nel tempo si è fatto spazio nelle notizie dei tg, tra le pagine di giornali, come “il paese dell’accoglienza”.

Ma da dove è partito tutto questo?

Era il 1° luglio del 1998 e 300 profughi curdi provenienti dall’Iraq sbarcano sulle coste di Riace ed in quella occasione Domenico Lucano, insegnante di chimica, oltre che offrire accoglienza in casa propria, propose di ospitare i profughi nelle case del borgo antico lasciate sfitte dai compaesani emigrati. Con il passare dei giorni Mimmo capì che lo sbarco poteva diventare un’opportunità per il suo paese prosciugato ormai dall’emigrazione perché crede fermamente che la vera risorsa per un progetto di sviluppo e riscatto di un territorio non siano unicamente i fondi comunitari e le risorse economiche, ma principalmente le persone che lottano ed investono in questo progetto.

Mimmo Lucano è stato sindaco di Riace dal 2004 al 2018 e per molti era “San Mimmo”, lo chiamavano così dalla prefettura di Reggio Calabria e dal ministero dell’interno, se c’era uno sbarco sulle coste calabresi, lui era sempre pronto ad accogliere i profughi. Non avrebbe mai detto di no, lo sapevano tutti in quegli anni.

I migranti erano perfettamente integrati con la popolazione locale e provenivano da molti paesi quali Etiopia, Serbia, Afghanistan, Palestina, Eritrea. C’è un murales nel centro di Riace Superiore che ci ricorda questi luoghi: “Dove vanno le nuvole” così è che c’è scritto in basso sul muro colorato di nuvole provenienti dai vari paesi.

Il cuore di Riace era il “villaggio globale”, il borgo storico dove si trovavano le case abbandonate che gli emigranti riacesi avevano affittato al comune al prezzo simbolico di 1 euro al giorno per poterle utilizzare nell’ambito del progetto CAS (centro di accoglienza straordinaria). I migranti, così, non venivano ospitati in casermoni o hotel senz’anima ma in vere e proprie case che avevano un passato.

A Riace Mimmo non voleva solo offrire accoglienza, ma integrare ogni individuo nel tessuto sociale ed economico del paese e consentirgli di esprimere le proprie potenzialità tra quelle vie.

Lui e la sua giunta ogni giorno cercavano e ideavano soluzioni diverse per poter realizzare sogni senza per forza l’utilizzo del denaro e basando tutto sui principi dell’uguaglianza, della fraternità, del rispetto dei diritti umani e delle diversità.

Una di queste soluzioni era la nascita di opportunità lavorative all’interno di laboratori ricavati in vecchie cantine abbandonate del borgo antico.

C’era il laboratorio del vetro “Il vasaio di Kabul”, del cioccolato, del legno, della tessitura “Intrecci globali”, del ricamo “La ricamatrice di Herat”, dell’artigianato “Gli aquiloni di Islamabad” nei quali lavoravano i migranti ed i riacesi che venivano retribuiti attraverso delle borse lavoro che il comune versava alle cooperative del territorio che assumevano questo personale.

Gli uomini e le donne che abitavano a Riace diventavano così cittadini produttivi.

Un’altra soluzione ideata per risolvere il problema del ritardo nei finanziamenti agli Sprar che portava i migranti a rimanere sprovvisti dei fondi per poter sopravvivere, è stata la scelta da parte della giunta riacese di adottare un sistema che consentiva ai commercianti del luogo di far credito: una moneta locale virtuale spendibile solo a Riace.

Grazie alle banconote del valore di 1,2,5,10,20 e 50 euro i richiedenti asilo potevano acquistare beni e partecipare all’economia del paese e saldare i debiti nell’arco di 2 o 3 mesi. Erano una sorta di buoni emessi dal Comune ed i titolari dei negozi venivano poi rimborsati dal Comune.

Sulle banconote che si usavano come moneta complementare erano raffigurati, tra gli altri, Peppino Impastato, Antonio Gramsci, Mahatma Ghandi, Martin Luther King, Che Guevara, Franca Rame e Dario Fo, Franco Basaglia, Nelson Mandela. Tutte donne e uomini che sono stati d’ispirazione per la nascita del villaggio globale.

Sembra incredibile che sia successo ma Mimmo immaginava un mondo, un’utopia e l’ha realizzata nel profondo Sud d’Italia. Il “modello Riace” è così che nasce.

Questa sua utopia era anche fonte di turismo. Molti viaggiatori curiosi e appassionati provenienti sia dall’Italia che dall’estero, giungevano nel paesino arroccato sulla collina per conoscere più da vicino il “paese dell’accoglienza” ed il suo villaggio multietnico.

Riace, il paese povero e abbandonato, grazie a questa utopia si era risollevato dallo spopolamento ed i suoi vecchi e nuovi abitanti vivevano contaminandosi quotidianamente con la bellezza portata da persone di diverse culture.

Per realizzare tutto ciò, questa sperimentazione di un modello di reale accoglienza e non di emarginazione, gli amministratori di Riace si sono inseriti nelle maglie della normativa, sfidando leggi ingiuste, forzando ed interpretando estensivamente dei vincoli normativi. Il faro dell’azione amministrativa della giunta di Lucano, era principalmente uno, il vertice nella gerarchia delle fonti del diritto italiano: la nostra Costituzione.

Non ha isolato i migranti, non li ha controllati, non li ha esclusi, non li ha semplicemente accolti in maniera passiva. E per questo ha ricevuto importanti riconoscimenti nazionali ed internazionali.

Mimmo lucano nel 2019 ha vinto il premio Peppino impastato “per aver costruito un modello di economia alternativa che ha messo al centro l’essere umano, fuori da ogni logica mafiosa”, nel 2010 gli è stato riconosciuto il 3° posto nella classifica internazionale World Mayor, un concorso mondiale organizzato dalla City Mayors Foundation che ogni 2 anni stila la classifica dei migliori sindaci del mondo, e, nel 2016 è entrato nella top 50 dei leader più influenti al mondo della rivista americana “Fortune”.

Papa Francesco gli scrisse una lettera nel dicembre 2016 “per esprimere ammirazione e gratitudine per il suo operato a favore dei fratelli e sorelle rifugiati”.

Il regista Wim Wenders, nel 2009 ha girato un documentario “Il volo” per ritrarre il modello Riace.

La rai ha realizzato una fiction con protagonista Rosario Fiorello la cui programmazione in tv, però, viene regolarmente rimandata da anni.

Il Modello Riace ha ricevuto importanti riconoscimenti come il Premio internazionale per la Pace di Dresda nel 2017 e quello della Fondazione per i diritti Umani di Berna nel 2015.

Riace era un modello sociale, un esempio nel mondo, ed è per questo che andava criminalizzato. Il modello Riace ed il suo ex-sindaco sono stati sottoposti ad accanimento politico e mediatico con l’unico obiettivo di smantellare il modello di integrazione dei migranti perché nulla c’entrava con il modello di emarginazione voluto e costruito dai governi italiani in quegli anni.

Per anni Mimmo Lucano è stata una delle figure istituzionali più in vista, un simbolo di solidarietà e la sua condanna a 13 anni e 2 mesi non può che essere il risultato dell’attuale stagione politica, in cui leggi disumane come la Bossi -Fini trovano luogo e spazio.

O è stato tutto un abbaglio collettivo?

Io non credo proprio. E per una ragione principalmente. I confini chiusi sono solo politici, tutti gli esseri umani hanno il diritto di migrare e muoversi dai propri territori.

Li chiamiamo immigrati, profughi, migranti…ma così facendo ci dimentichiamo che sono PERSONE.

Il modello Riace non lo ha mai dimenticato ed è solo per questo che andava fermato, a tutti i costi. Ma dove si distrugge, si può sempre costruire.

L’esperienza del paese dell’accoglienza può e deve essere replicata, migliorata, affinata. E adesso sta a noi reinventare Riace ovunque.


“Ogni volta che ho guardato il mare tenendo i piedi nell’acqua, ho avuto una certezza: chiunque bussi alla nostra porta, che sia un miserabile, un profugo o un viaggiatore, rappresenta l’unica salvezza per il mondo intero, la sola speranza contro la violenza della storia”.

Cit. Domenico Lucano, dal suo libro “Il fuorilegge”


di Claudia Minniti


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