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SMART WORKING: QUANDO MIOPI "STATISTI" SACRIFICANO IL FUTURO SOSTENIBILE DEL PAESE SULL'ALTARE DEGLI INTERESSI DEI POCHI

 

Sono ormai mesi che il Ministro Brunetta non perde occasione di ribadire con tono più o meno minaccioso e sempre poco velatamente insultante che i dipendenti pubblici dovranno tornare in ufficio il prima possibile. 

E’ emblematico come il Ministro abbia definito lo smartworking emergenziale come “lavoro domestico all’italiana” ridicolizzando di fatto lo strumento che ha consentito alla Pubblica Amministrazione italiana di non smettere mai, neanche nei mesi più drammatici della pandemia, di erogare servizi essenziali e di essere vicina ai cittadini già piegati dalla circolazione del virus. 

Appare quindi necessario ricordare quali sono stati i risultati raggiunti dall’uso massiccio dello smartworking che vanno ben al di là degli aumenti di produttività delle singole amministrazioni, di risparmi di denaro pubblico per minori costi e di work-life balance del singolo dipendente. Il lavoro agile infatti, ha prodotto una serie di “esternalità” positive in tanti campi della vita quotidiana. 

Uno studio effettuato alla fine del 2020 da ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) condotto su 29 amministrazioni pubbliche e più di
5500 dipendenti ha rilevato come il lavoro agile abbia ridotto la mobilità quotidiana del campione esaminato di circa un’ora e mezza in media a persona, per un totale di 46 milioni di km evitati. Da qui il duplice beneficio: sia in termini di tempo di vita “acquistato”, sia in termini di emissioni di gas serra stimati in circa 8000 tonnellate di CO2, 1,75 t di PM10 e 17,9 t di ossidi di azoto.

Dello stesso parere è lo studio del 2021 della Carbon Trust associazione non a scopo di lucro istituita nel 2001 per aiutare le Organizzazioni a ridurre il loro impatto ambientale, e commissionato dal Vodafone Institute for Society and Communication, il think-tank europeo del Gruppo Vodafone. Secondo questa rilevazione l'Italia potrebbe in futuro risparmiare fino a 8,7 megatonnellate di Co2 equivalente all'anno, pari a 60 milioni di voli da Londra a Berlino, attraverso il ricorso allo smart working, per ogni persona che facesse ricorso al lavoro agile il risparmio sarebbe equivalente a oltre una tonnellata (1.055 kg) di Co2e. 

Non solo. Il lavoro agile potrebbe mettere fine anche ad un altro problema: quello dello spopolamento di intere aree del paese, con conseguente sovraffollamento di alcune zone. Lo smartworking ha consentito a molti lavoratori “fuori sede”, costretti a lasciare casa e famiglia, di ritornare nei propri paesi natali continuando a prestare il proprio lavoro da remoto. Questo oltre ad un alleggerimento di zone troppo densamente abitate, consente anche la ripresa economica di parti del paese sempre più depresse economicamente, dal constante e neanche più tanto lento abbandono di giovani e meno giovani lavoratori.


La stessa ANCI ha sottolineato come in Italia più del 72% degli 8000 Comuni ha meno di 5000 abitanti, ben 2381 di questi è in elevato stato di abbandono con conseguente perdita del patrimonio storico e culturale che questi piccoli centri portano con sé. In questo senso le nuove tecnologie e l’implemento del lavoro da remoto potrebbero dare nuova linfa vitale a intere parti del paese che rischiano la desertificazione. 

Lo Smartworking si pone quindi come uno strumento essenziale di civiltà, in un paese che vuole essere al passo con i tempi e che abbia a cuore un futuro sostenibile in una visione integrata uomo-ambiente. 

di Lorenzo Campanella



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