Il conto delle ondate lo abbiamo ormai perso da tempo: ogniqualvolta la pandemia sembra arretrare, il virus offre l'ennesimo colpo di coda, aumentando la frustrazione collettiva ed esasperando le tensioni sociali. Provvedimenti emanati per gestire l’emergenza come il Green pass sfuggono allo stato d'eccezione e diventano la regola, con tanto di dibattito pubblico su eventuali requisiti più stringenti per il rilascio della certificazione verde. In questo quadro a tinte fosche, in cui perfino le garanzie costituzionali subiscono di fatto una limitazione, le Pubbliche Amministrazioni – sulla scorta di quanto deciso dal Ministro Brunetta – sono tornate a operare in presenza, non per ragioni di produttività ma per “risollevare l’economia italiana”, alimentando l’indotto dei bar e dei luoghi di ristorazione (sic).Questa disposizione pare sia oggi messa in discussione da alcuni atteggiamenti superficiali, che talora emergono dai territori. Il successo della campagna vaccinale o l’attivazione del GP non scalfiscono l’intesa siglata, che può essere superata solo con un nuovo accordo. Accordo, scandiamolo a chiare lettere, che o sarà migliorativo o non sarà. La salute non può essere barattata sull’altare del prezzo di una sanificazione, operazione che peraltro – in termini di costi/benefici (potenziale chiusura degli stabili) – dovrebbe comunque essere effettuata, per ragioni di buon senso prima che per la sottoscrizione dei patti.
Il ritorno fisico negli uffici comporta ovviamente situazioni di difficoltà. Il dettato delle regole del distanziamento è chiaro, tuttavia la coesistenza negli stessi stabili di più persone aumenta l’esposizione al rischio. Per questa ragione è importante non abbassare la guardia, mantenendo intatto non solo lo spirito dei Protocolli siglati per arginare la diffusione del virus ma il dettato specifico degli stessi.
L’accordo sottoscritto in INPS nel 2020 ha permesso all’Istituto di non chiudere i battenti, di limitare i danni, di attuare tutte le prescrizioni diventate uso comune per circoscrivere il contagio. Forse alcuni hanno dimenticato le pagine a lutto della intranet, la terribile elencazione delle colleghe e dei colleghi caduti a inizio pandemia. Noi no.
Siglando il protocollo provammo a limitare i danni, a evitare che le sedi fossero funestate. La dimostrazione dell’importanza di quella intesa è data dal fatto che spesso, nelle sedi provinciali, le stesse sigle che non firmarono l’accordo finiscono oggi col chiederne l’applicazione, consci di quanto lo sforzo fatto in sede negoziale sia stato fondamentale per l’organizzazione.
Ora, in caso di contagio il Protocollo prevede l’obbligo per la parte datoriale di procedere con la disinfezione e con la sanificazione della sede. L’individuazione dei contatti stretti, nel solco dell’essenziale opera di tracciamento, perde di consistenza se alla quarantena prevista per gli “esposti” non segue una piena pulizia dell’ambiente, svolta secondo i canoni previsti dalla normativa e le raccomandazioni dell’Istituto Superiore della Sanità. Non sarà uno straccio a sconfiggere il Covid.
Su questo dobbiamo alzare l’asticella e continuare a vigilare, per evitare che la noncuranza di un momento possa innescare un pericoloso effetto domino. Scriveteci qual è la situazione nelle vostre sedi, cerchiamo di fare sintesi. La Cgil, come sempre, resta in prima linea per la tutela della sicurezza.
di Giuseppe Lombardo