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IN ASCOLTO DEI FUTURI COLLEGHI: I CONTATTI FP CGIL INPS SUL TERRITORIO

L'INPS È MATRIGNA?

Si è concluso marzo, mese che qualcuno ha voluto definire Mese della Donna, vista la presenza dell’8 marzo, che come unica giornata dedicata alle riflessioni sulla presenza e il valore della donna nella società attuale, sta un po’ stretto a tutte e tutti.
Tante parole si sono spese. Soprattutto per evocare la parità di genere (in ambito professionale, retributivo, di accesso alla politica, alle alte cariche) ancora agognata. 
Ma quando si va ad analizzare quello che la società fa concretamente in tema di politiche di tutela della maternità, nulla. Sembra che la scelta di fare un figlio sia ancora marchiata con il giudizio ‘te la sei cercata’, invece di essere vissuto come tema strategico di una società che guarda al futuro.
Questo tema della maternità, essendo legato alla grave situazione di  crisi demografica nel nostro paese, è correlato anche alla natura stessa del nostro ente, l’INPS, che sul sistema di solidarietà tra generazioni si regge. 
Altri paesi 'avanzati' su questo tema della denatalità (e della conseguente prevista precarietà dei sistemi previdenziali nei prossimi anni), stanno attuando delle scelte. Scelte che vanno dalla definizione di quote di stranieri da accogliere a politiche attive per la famiglia (congedi, permessi, flessibilità, strutture, infrastrutture).
Da noi invece, quando si parla di famiglia, c’è sempre chi ne approfitta per infilarci campagne antiabortiste o variamente moraliste o addirittura razziste (si pensi a certi interventi sulle famiglie arcobaleno o sulle famiglie di cittadini non italiani).
Politiche concrete quasi nulla. Tutela della donna e della famiglia che fa una scelta  di ‘allargamento’, nulla.
La maternità continua ad essere percepita come scelta del singolo che in quanto tale deve assumersi in prima persona tutti i rischi correlati.
A tal proposito ci domandiamo anche quanto stia facendo il nostro Ente, in quanto datore di lavoro,  in tale campo. Il nostro è un ente con un’età media piuttosto elevata. Forse sono più le nonne che le neo-mamme.
Le poche neo-mamme sono entrate in Istituto in questi ultimissimi anni. Soprattutto con l’ultimo concorso.
Parliamo di giovani che spesso si sono trovate a lavorare lontano dalla propria città di origine e che, vista l’età e il raggiunto obiettivo di un lavoro stabile, hanno legittimamente  pensato di ‘mettere su famiglia’.
Hanno avuto la sfortuna di incrociare la pandemia, all’inizio del loro percorso lavorativo .
Questo evento ha reso più urgente per molte la necessità di far rientro alle città di origine per gestire i figli, sfruttando la rete familiare (l’unica rete che resisteva, prima della pandemia).
Sappiamo che sono diverse quelle che hanno chiesto l’assegnazione provvisoria, appellandosi a un diritto sancito dalla legge (Dlgs 151/2001, articolo 42 bis).
Bene, in Inps evidentemente diversi direttori regionali ritengono che i diritti siano carta straccia, e così hanno negato alle colleghe il diritto a ricongiungere la famiglia nell’interesse dei bambini.
Contemporaneamente, visto il ricorso allo smart working, le lavoratrici madri si vedono negato anche il diritto alla riduzione di orario per allattamento. Questo perché non è ancora (dopo due anni dall’approvazione della legge) stato definito come gestire due tipi di 'permesso' contemporaneamente (smart working e allattamento). Di conseguenza a queste colleghe (a casa con bimbi piccoli) viene chiesta una produttività pari a 7 ore.
Se in un Ente preposto alla previdenza e alla tutela di tutti i soggetti, non si salvaguardano le donne e mamme che lavorano al suo interno, possiamo aspettarci un’inversione di rotta nelle politiche per la famiglia e per la tutela delle madri nella società italiana?
 
di Stefania De Lucia e Antonella Bagnasco

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