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SCIOPERO: IL DIBATTITO CONTINUA

A più di tre mesi dal 9 dicembre 2020, data dell’ultimo sciopero unitario del pubblico impiego, è ancora aperto il dibattito sul significato e sull’opportunità di quella giornata di mobilitazione. Dibattito che non si sviluppa sulla piattaforma rivendicativa che fu posta alla base dello sciopero e che, ricordo, si fondava e si fonda ancora sulla necessità di restituire, attraverso il rinnovo contrattuale, dignità e valore al ruolo della contrattazione integrativa, aggiornare la parte normativa, adeguare il sistema dei diritti individuali e incrementare le retribuzioni. 
E che, inoltre, attraverso un sistema di maggiori tutele del lavoro pubblico e di riconoscimento del lavoro svolto, punti alla creazione di un nuovo ordinamento professionale per i lavoratori, nel caso nostro, delle Funzioni Centrali. 
Su questo tutto tace, e ci mancherebbe, considerata l’assoluta legittimità di queste rivendicazioni. La discussione invece sembra avvitarsi su alcuni aspetti che non esito a definire surreali: la data dello sciopero, l’opportunità di indirlo in un momento di pandemia e, visti i dati della partecipazione allo sciopero, la necessità di prevedere forme alternative di lotta.
Cominciamo dalla data dello sciopero. Intanto era necessario farlo prima dell’approvazione della Legge di Bilancio per l’anno in corso, che rappresentava – è opportuno ricordarlo - l’ultima occasione utile per stanziare le risorse necessarie al finanziamento del contratto 2019/2021.
Inoltre, la data di uno sciopero non si sceglie consultando il calendario e scegliendo quella più bella (quale sarebbe poi?). 
È la risultante di un lungo percorso dettato dalla legge (L. 146/90 e successive modificazioni), che parte dalla proclamazione dello sciopero, passa per le procedure di conciliazione e di raffreddamento del conflitto e deve tenere conto dei vari periodi di franchigia durante i quali non possono essere effettuati scioperi. Prendere la decisione di scioperare non è stato facile, è stato oggetto di lunghe e meditate riflessioni, proprio a causa del periodo che stiamo ancora vivendo sulla nostra pelle e quindi discettare sulla data, una delle pochissime a disposizione, lo trovo un esercizio poco utile.
La pandemia, dunque. Questo mi consente di passare all’altro aspetto elencato prima, quello dell’opportunità di scioperare in un periodo di grande emergenza sanitaria e sociale del paese.
Come è stato già evidenziato, era l’ultima occasione prima dell’approvazione della legge di bilancio per il 2021, pandemia o no, un appuntamento cruciale per il reperimento delle risorse necessarie. In secondo luogo, dei lavoratori, quelli dell’Inps nel nostro caso, che avevano prodotto nel 2020 un 27% in più di produttività rispetto all’anno precedente e che hanno così garantito prestazioni ordinarie e straordinarie (si pensi ai prodotti Covid) a tutti gli italiani che ne facevano richiesta, avevano il diritto di rivendicare diritti e salario? La risposta è sì, soprattutto se continuano a mettersi al servizio del Paese e se viene scelto uno strumento, quello dello sciopero, garantito dall’art. 40 della Costituzione Italiana. Che per inciso non è andata in vacanza durante la pandemia.
Veniamo infine all’annosa questione delle nuove forme alternative di lotta, in sostituzione dello sciopero che secondi alcuni andrebbe depositato in cantina e conservato sotto un tappeto di naftalina. La prima volta che ho sentito parlare di metodi nuovi di lotta da sperimentare nel futuro più o meno prossimo, è stato quasi 35 anni fa, alla prima assemblea a cui partecipai come neoassunto all’Inps. Peccato che da allora nessuno sia stato capace di spiegarmi quali siano e soprattutto come metterli in pratica. Ultimamente mi è capitato di leggere di “sciopero del rendimento”. Consiglierei al riguardo un’attenta lettura dell’art. 60 del CCNL vigente, dove vengono descritti gli obblighi del dipendente dal momento in cui si reca al lavoro, e degli altri articoli contrattuali, in cui si parla degli strumenti previsti per assentarsi dal lavoro. Oltre quelli contemplati da specifiche disposizioni di legge.
Tra gli strumenti contrattuali e quelli dettati dalla legge, ci sono lo sciopero, ovviamente, e le assemblee. Tra poco più di due anni andrò in pensione, spero. Quindi c’è ancora un po' di tempo per spiegarmi quali siano le nuove forme di lotta, cercando però, me lo auguro, di non incappare nel sistema sanzionatorio descritto nel CCNL e soprattutto nel Codice penale. Aspetto fiducioso.

di Egidio Di Michele
 

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